LIBRO 1 - CAPITOLO 1 - LA SPERANZA E L'OMBRA - 11/05/2965 - NUR

GDR

Nur seguì il locandiere che intanto gli faceva strada. Nel suo pesante incedere, che in parte era naturale, nanesco, in parte era dovuto ai pesi che trasportava, lanciò occhiatacce in tutte le direzioni a tutti gli avventori del Cavallino Rampante che lo guardavano caracollare dietro a Barnaba Farfaraccio.
Ogni occhiataccia torva era accompagnata da un pensiero scontroso - Che hai da guardare, ficca la testa nel piatto che hai davanti - Che vuoi tu? Bevi dal boccale, da bravo, se non vuoi avere guai? - Mai visto un nano? - questo grosso modo era il tono dei pensieri del nostro buon vecchio Nur.


Quando Barnaba si fermò per scostare una tenda e lasciarlo passare lui quasi lo travolse. Nel suo incedere voltandosi a destra e sinistra, non prestava molta attenzione alla sua guida. Superò il locandiere che nel frattempo gli teneva la tenda sollevata per farlo entrare. Sul volto era ancora dipinto lo sguardo torvo di pochi istanti prima, il quale, però, mutò in un istante in uno sguardo sorpreso. Al tavolo, seduti, c'erano un giovane uomo, di sicuro un Dunedain, un ranger da come era abbigliato, e cosa più sorprendente di tutte, un'elfa.

Rimase di sasso. Un'elfa? Non erano incontri usuali. Lui non ce l'aveva con il popolo degli elfi, come molti suoi simili, nel suo girovagare aveva imparato che la verità non sta mai solo da una parte e che le vecchie storie, cambiavano a seconda di chi le raccontava.

Si rese conto dello sguardo da ebete che aveva assunto. Sorrise per l'imbarazzo, ma si trattò di un sorriso passeggero, perchè dopo che si voltò per rovesciare (letteralmente) le sue cose in un angolo, tornò serio e pensieroso, espressione che gli era più congeniale. Si rivolse al locandiere, ancora sulla porta.

"Sicuro sia questo il posto dove dovevi condurmi?"

Ad un cenno di Barnaba Farfaraccio, Nur si appropinquò al tavolo e prese posto su di una sedia. Guardando gli altri due ospiti, allungò la mano sulla caraffa piena di birra, afferrò un boccale e si servì generosamente. Dopo aver bevuto una bella sorsata tutta d'un fiato rispose all'esclamazione del ranger in merito alla stranezza della compagnia che si stava venendo a creare con un lapidario "Si, vero!" rivolgendo lo sguardo serio verso l' elfa.

"Il mio nome è Nur!"

Il tempo passò tra chiacchiere e bevute. Nur cercò di raccogliere informazioni dai due sconosciuti in merito allo stato della via ed altre notizie dall'Eriador. Parlava poco. Di tanto in tanto piazzava una domanda. Rapida. Diretta. Per lo più ascoltava.


Sul far della sera, proprio prima dell'ora di cena, ecco arrivare il locandiere, spostare la tenda e far entrare un giovane hobbit, con un sacco di cartacce in mano. Nur lo guardò dall'alto della sua sedia e non disse nulla, non subito almeno. Lasciò che il giovane, in qualche modo, infilasse tutti quei fogli nello zaino e che si andasse a sedere vicino a Nimrodel.

"Bene, ed ora con il vostro arrivo, l'altezza media di questa nostra compagnia è ulteriormente calata!"

Non si capì appieno se fosse un complimento, un insulto o una banale considerazione. Per Nur, in realtà, quella frase voleva essere un buon auspicio, un gruppo di nani lo avrebbe capito subito, ed avrebbe risposto a tono; ma dato che i compagni non lo fecero, nessuno di loro, lasciò cadere la cosa nel vuoto.

All'arrivo della loro ospite, Nur rimase in silenzio per tutto il tempo. Immobile sulla sedia. L'unico segno di vita era il petto che si alzava per respirare, gli occhi che seguivano ogni movimento della donna ed il braccio che saltuariamente si allungava verso il boccale e poi verso la bocca. Per tutto il resto Nur era concentrato, attento ed ascoltò con attenzione ogni parola.

Ascoltò le risposte di Orodreth e di Nimrodel, fece un respiro profondo ed iniziò a parlare. Lo sguardo, per qualche strano e recondito motivo, si rilassò.


"Mia signora. Avete ragione, non vi conosco. Non ho mai sentito il vostro nome e non so chi siate. Sapete bene quanto possa essere difficile per un nano fidarsi di uno sconosciuto, siamo un popolo duro, che tende alla chiusura, di solito. Ma nei miei pochi viaggi ho già imparato che a volte le apparenze ingannano, e che alcuni vecchi dettami, che andavano bene per il mondo vecchio, non vanno più bene per quello nuovo, per la nuova era. Voi parlate bene. Ho colto della saggezza nelle vostre parole, ed io non sono solito trascurare queste cose. Fino a quando tutto quello che avete detto andrà di pari passi con le vostre azioni e con le loro..." disse indicando, con un cenno del capo, gli altri presenti nella stanza, "... io farò parte di questa... strana compagnia... così ho parlato!"

Era stato un discorso lungo, insolitamente lungo per Nur, ma era soddisfatto di quello che aveva detto e di come lo aveva detto. La straordinaria lunghezza di quel suo intervento gli aveva fatto venire sete. Bevve nuovamente un generoso boccale di birra e volse lo sguardo verso Dudo, non rimaneva che lui.



Ed ora non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento...
...al prossimo incontro!


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