INTRODUZIONE - 11/05/2965 - DUDO DUEPIEDI

Il tepore della terra riscaldata dal sole veniva ora pian piano mitigato dall'aria fresca che stava avvolgendo tutto quanto. Il caldo del sole che aveva cancellato il ricordo della pioggia mattutina, si era portato dietro anche diversa umidità ed a sua volta, l'umidità, si era portata dietro le zanzare. L'avanzare dell'hobbit era stato tutto, soprattutto nella parte finale del viaggio, un susseguirsi di sbuffi e schiaffi a se stesso. Schiaffi alle braccia, dietro il collo, sulla guancia sinistra e sulle gambe. Un susseguirsi di CIFF! CIAFF! UFF!

La sera stava scendendo velocemente e la vista delle luci delle case della collina di Brea, le prime che vide, furono per Dudo Duepiedi un vero toccasana. Una liberazione. Quando poi l'intera città apparve nascosta dalla sagoma della grande siepe Dudo sorrise.


"Facciamo una corsa mia prode compagna?" disse rivolgendosi alla cavalla che trasportava due borse in groppa e che non aveva alcuna intenzione di partire di corsa per arrivare prima alla meta. Lo spirito di quella cavalla era da sempre stato tranquillo e pacifico. Si fosse trovata davanti alla bocca di un drago sputa fuoco, probabilmente, con fare flemmatico, si sarebbe semplicemente voltata su se stessa per allontanarsi camminando in direzione opposta. Da che Dudo ricordava non l'aveva mai vista di corsa, mai al trotto, mai al galoppo, solo e sempre al passo ed un passo tranquillo per giunta.

Alle parole di Dudo, la cavalla Groppafaville non diede segno ad alcun cenno di aumentare l'andatura e così, l'hobbit rinunciò. Mai nome fu più sbagliato per una cavalla.

Mentre la porta nella grande siepe si stava avvicinando Dudo ripensò agli eventi intercorsi tra la mattina in cui ricevette il biglietto sotto la porta di casa e quel momento. Sorrise ripensando allo stupore del padre e della madre quando comunicò loro che sarebbe partito perchè i suoi servigi erano stati richiesti. Dudo non lo sapeva allora e non lo sapeva neppure ora, ma era sempre stato un sognatore. Il padre di Dudo sapeva che quella passione del figlio per i disegni e gli scarabocchi, così li chiamava, non avrebbe portato nulla di buono. "Ma cosa ti interessa disegnare i confini di terre lontane quando tutto quello che hai da sapere inizia e finisce con i confini del campo dietro casa?" questo era solo un'esempio delle frasi con cui Dudo doveva convivere continuamente. Non era mai riuscito a far capire ai genitori quella sua volontà, quel desiderio che aveva dentro. Il pensiero di quel ricordo gli fece venire un poco di malinconia, sentimento che svanì subito non appena la cavalla iniziò a pestare il legname del ponticello che attraversava il fossato e che conduceva alla porta, passata la quale sarebbe stato a Brea, il luogo più lontano mai raggiunto in vita sua.


Prima che il sole tramontasse aveva, si era fermato almeno un paio di volte a prendere appunti, a schizzare alcune forse su un foglio per poi osservare bene il panorama. Ma ora era davanti ad un uomo che gli sbarrava la strada e che lo appellò con fare brusco intimandogli di fermarsi.

"Il mio nome è Dudo Duepiedi disegnatore di mappe, al vostro servizio!" esclamò Dudo con fare cordiale. A conferma di quella sua affermazione estrasse alcune mappe, le prime che gli capitarono sotto mano, da una delle borse appese a Groppafaville. Il guardiano della porta non le guardò neppure.
L'uomo lo tenne per ben dieci minuti davanti alla porta domando quali affari lo conducessero a Brea, dove avrebbe alloggiato, etc. Quando finalmente lo fece passare Dudo tornò a sorridere e si diresse alla piazza principale come da indicazioni della guardia.

Arrivato davanti alla porta con appesa al di sopra l'insegna del cavallo bianco ritto sulle zampe posteriori fece per entrare quando si rese conto che aveva ancora, strette nella mano destra, le briglie di Groppafaville e nella mano sinistra un paio di vecchie mappe. Si fermò. Fece un bel respiro e come prima cosa ripose le mappe nell'apposita borsa. Poi cercò con lo sguardo l'ingresso della stalla. Entrò nel cortile coperto e vide che c'erano alcuni animali legati e ben sistemati sotto la tettoia. Scelse il posto vicino ad un asinella dall'aria simpatica ed affidò Groppafaville al ragazzino tutto arruffato che gli si fece innanzi. Prese le borse dalla schiena della bestia e se le pose in maniera precaria, molto precaria sulle spalle, insieme allo zaino.

Così conciato caracollò fino alla porta d'ingresso della taverna. Con uno sforzo non da poco riuscì ad allungare un braccio ed ad abbassare la maniglia della porta. Con il piede destro, stando in equilibrio sul sinistro, diede un calcio alla porta che si aprì sbattendo contro il muro. Tutta la gente si voltò per vedere cosa stava succedendo. Dudo avanzò, ma il tappeto dell'ingresso, che aveva fatto una leggera grinza, gli tese una trappola mortale. Si inciampò e in maniera rocambolesca e plateale si ritrovò faccia a terra, mentre le due sacche, di cui una piena di mappe, finirono in aria per poi tornare a terra. Le mappe stavano svolazzando per tutto l'ingresso della locanda del Cavallino Rampante. Qualcuno si mise a ridere. Altri se ne fregarono e tornarono a parlare. Barnaba Farfaraccio accorse per assicurarsi che tutto fosse in ordine. Dudo non si era fatto male e si sollevò con il sorriso sul viso. Conscio però di aver fatto una figuraccia. Barnaba sistemò il tappeto.



"Chiedo scusa mio buon ospite, il tappeto era mal sistemato. Lasci che le offra un boccale della Migliore, la birra che produco, per scusarmi per l'accaduto, messer...."

"Dudo... Dudo Duepiedi, disegnatore di mappe... grazie mille! Avrei però alcune persone che penso dovrei incontrare..."

"Oh..." disse sorpreso Barnaba, "...siete dunque voi il quarto? Seguitemi messer Duepiedi disegnatore di mappe..."

Dudo raccolse i suoi averi e seguì Barnaba, salutando con fare cordiale gli avventori che si voltavano a guardarlo, dispensando sorrisi a tutti quanti.


...al prossimo incontro!
LoShAmAnO


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